domenica 31 maggio 2015

RACCONTO SECONDO CAPITOLO

Era arrivata di prima mattina,  erano passati tanti anni da quando andò via da quei luoghi,la casa  le sembrava più piccola di come la ricordava, ma si respirava la stessa aria,( come quando si mangia qualcosa che assaporavamo da bambini e di cui ci eravamo quasi dimenticati),
Nessun rumore,  nessuna presenza  di vita, tutto era abbandonato, qualche erbaccia infestava il viale di accesso, vi si addentrò, con lentezza  ma con la sicurezza di chi conosce bene quel luogo.
Faceva volutamente dei rumori mentre andava avanti, per attirare l’attenzione di qualche improbabile  presenza, si avvicinò all’uscio,” possibile che la chiave fosse la? Ancora sotto al vaso di piante ormai rinsecchite”, tanto valeva provare, sollevando il vaso, il tentativo si rivelò fortunato, la chiave era la, con qualche traccia di sporco provocata dal tempo e dall’umidità, la ripulì con la dita, la infilò nella serratura, e il chiavistello, comincia a girare più volte, finchè il portone in legno, costruito da qualche artigiano locale prima ancora che lei venisse al mondo, si apri con qualche difficoltà.

Non le restava che entrare, cercare di capire cosa fosse che la aveva improvvisamente riportata la, un impulso prepotente, invisibile ma troppo vivo per essere ignorato, la aveva riportata la “chissà se trovo qualche segno che mi aiuti a capire” pensava tra se, e con questo pensiero varcò la soglia di ingresso … 

14 commenti:

  1. La grande vetrata della veranda illuminava quella casa a lei famigliare.
    Tutto era in statica attesa come se a breve i padroni di casa dovessero tornare, solo la polvere depositata portava alla realtà, quella casa era abbandonata da tempo .
    Mentre vagava di stanza in stanza come un fantasma, le giunsero i ricordi e con loro una marea di emozioni. Anche il giardino che intravedeva dai vetri ambrati le era caro.
    Poi trasalì, su di un tavolino ricoperto di un prezioso merletto, fra alcune cornici, vide una foto che aveva scattato tanto tempo fa. Prese in mano la fotografia soffiò via la polvere, in posa c’erano sua madre, alcuni visi dei quali non ricordava i nomi e tutti i padroni di casa, istintivamente girò il quadretto per vederne il retro, che strano, ancora attaccata con dello scoch ingiallito, c’era una chiave e nel legno c’era anche scritta una data 1982, quanto tempo era passato.

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  2. Senza sapere perché, staccò la chiave dalla fotografia e se la infilò nella tasca dei pantaloni. Un altro dei gesti istintivi che l’avevano portata lì, come sospinta da un vento potente verso un bisogno da appagare… senza forma, storia e senso, ma urgente.
    Sapeva di essere al sicuro, ora. E sapeva perché.
    Nessuno l’aveva vista arrivare. Aveva parcheggiato l'auto a distanza di sicurezza, si era vestita come una normale turista e nello zaino aveva di che cambiarsi e vivere per un paio di giorni. Poi qualcosa si sarebbe inventata.
    Riguardò la fotografia che aveva scattato con la sua vecchia Minolta.
    Sua madre era in divisa da cameriera. Nessuno sorrideva, a parte la bambina più piccola che seduta a terra, felice, tendeva una manina verso l’obiettivo.
    Guardandola la donna ebbe un capogiro violento. Aveva sudato troppo percorrendo di buon passo la lunga salita? Doveva essere quella la causa.
    - Sono al sicuro – pensò, lasciandosi andare su una poltrona scomoda e polverosa.
    Sapeva che solo lei, e solo perché non riusciva inspiegabilmente ad evitarlo, poteva osare essere lì, nella tenuta e nella casa di Lucia Esposito: “ ‘A carogna ”.

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  3. rimase cosi immersa in quei ricordi....con ancora mille domande...
    le risposte sarebbero arrivate, a momento debito..

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  4. Il pensiero di colpo tornò a quella chiave e a quel gesto che non le apparteneva ,,,ebbe come una folgorazione e la sua mente fece un istantaneo salto a ritroso nel tempo. Ripensò a quando lei viveva in quella casa insieme a sua madre -ma certo!!- esclamò fra sé…… doveva per forza essere la chiave di quella porta che la signora gelosamente teneva sempre chiusa e che con estrema premura teneva celata alla vista di tutti -sì sì -…..doveva essere proprio quella la chiave….. desiderio indimenticabile dell’infanzia. Ormai il solo pensiero di appagare quella curiosità l’aveva rapita

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  5. Poche cose facevano commuovere "la signora"...Ricordava come se fosse ieri il viso rigato da lacrime ogni volta che dopo essere entrata e restata nella stanza vietata a tutti...ne usciva.
    Per ore non parlava con nessuno e sembrava caduta in un mondo a parte.
    Nessuno voleva esserlo, dalla sua parte.
    Non era simpatica a nessuno, non ci teneva ad esserlo.
    Una sensazione di gelo la pervase...Dicono che un vento freddo si avverta in presenza di fantasmi.
    Questa era una di quelle occasioni ed ebbe un fremito di paura.

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  6. Uso tutto il suo buon senso per scacciare dalla mente quella paura...poi si ributtò a capofitto nei suoi ricordi dinfanzia, pensò alla madre il suo viso le apparse davanti con gli occhi incavati i capelli sempre raccolte con una ciocca che le ricadeva sulla guancia, sospirò a quel ricordo che le scalda il cuore"oh mamma quanto mi manchi! da la su' guardami ed aiutami a trovare una via..."

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  7. Il rumore dei passi la fece trasalire, la foto che ancora reggeva in mano cadde per terra mandando il vetro impolverato il frantumi, si voltò a guardare la porta tra timore e curiosità, chi poteva aver avuto il suo stesso impulso di recarsi in quella casa come a lei stessa stava accadendo?
    Riconobbe immediatamente quella figura, seppur invecchiata, il parroco che ormai in pensione, aveva messo radici in quella comunità, ancora portava il tipico colletto al quale non aveva rinunciato per ricordare anche visivamente la sua vocazione.
    “Buon giorno Don Vincenzo” gli disse “che strana combinazione ritrovarsi qua, entrambi lo stesso giorno”
    “Mi fa piacere che ti ricordi di me dopo tutti questi anni, ma non è una combinazione, non passa giorno che io durante la mia passeggiata quotidiana non passi di qua, ho visto la porta aperta e sono entrato”.
    “Tu come mai ti trovi qua? Ho visto che osservavi quella vecchia fotografia, ricordi qualcuno?” chiese il vecchio parroco
    “ricordo tutti anche se di qualcuno mi sfugge il nome” disse lei “soprattutto “Donna Lucia”, quella che tutti chiamavano ”A Carogna”, per via di quanto era bisbetica e prepotente, e poi questa bambina, “Speranza”. Sorrideva sempre da piccola, poi quando divenne adolescente il sorriso scomparve come se glielo avessero strappato di forza dal viso, chissà adesso … “Speranza” la interrompe bruscamente il vecchio prete “, nessuno ne ha saputo più nulla, Donna Lucia anche lei era scomparsa da alcuni anni, poi un mese fa, è venuta a trovarmi, aveva un aria diversa da come la ricordavo, come di qualcuno che subisce la vita piuttosto che viverla, mi ha lasciato una busta chiedendomi di aprirla solo quando sarebbe giunto il momento, “conoscendo la sua saggezza so che capirà quando arriverà, io ho ancora tante cose da fare” queste furono le sue parole poi è scomparsa nel nulla” …

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  8. “…Ma tu Carmela,” continuava il parroco, “hai avuto più notizie di Antonio?… Ricordi Antonio?… Il nipote di Donna Lucia?!
    Carmela ricordava benissimo Antonio, che spingeva Speranza nell’altalena della vecchia quercia in giardino, quei due bambini andavano molto d’accordo come fossero fratelli.
    “ No non so dove sia, l’ultimo ricordo che ho di Antonio è che non era più sereno e gli capitava troppo spesso di sfidare “A Carogna” tanto che decise di partire.

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  9. - Antonio qui non c'era – notò Carmela e Don Vincenzo guardò a sua volta la fotografia, delicatamente estratta dal vetro rotto.
    - E nemmeno sua madre Filumena… – aggiunse.
    I due si scambiarono un’occhiata che valeva mille parole.
    Filomena Donnarumma era stata, oltre che l’altra cameriera di casa Esposito, anche una donna bella, taciturna e indecifrabile.
    Carmela si avvicinò alla vetrata e cercò tra gli ulivi e il mare. Ecco, laggiù, la casa. Sul tetto a terrazzo aveva visto mille volte “Filumè” stendere le lenzuola degli Esposito, aiutata da Antonio; lenzuola profumate di sapone e di fatica, lavate alla fonte, battute sui sassi, portate di peso su per le scale di pietra e con il sole a picco.
    Perché la Esposito odiava Filumena e la umiliava continuamente, ma la faceva vivere in quella casa della tenuta? Perché mandò suo nipote Antonio, appena bambino, a lavorare in uno dei “Panifici Esposito” la notte? L’aveva trattato come una bestia da lavoro, invece di mandarlo a scuola…
    - Io chiedevo a mamma come Antonio potesse essere il nipote della Esposito e perché lei non gli volesse bene. “E’ perchè è un nipote strano”, lei diceva. Ma Antonio di strano non aveva niente, era bello e silenzioso come sua madre, era un bambino. Un giorno che insistetti e dissi che Antonio non aveva un padre e portava il cognome di Filumena, mamma si infuriò. “Non sono cose nostre!”, mi disse. E chiuse per sempre il discorso.
    Parlando, non aveva staccato lo sguardo dalla casa di Filumena. Improvvisamente si accorse che Don Vincenzo non diceva nulla e, voltandosi, incontrò il suo sguardo. Era uno sguardo che non comprese, tra l’ironico e il sollevato. Poi capì che lui stava per dirle qualcosa, ma mai si sarebbe aspettata quello che di lì a poco sentì.
    - Carmela, questa tenuta era dei Donnarumma. Era di Filumena. Tutto quanto. Lucia Esposito era “a carogna” per questo, figlia bella… Che ti credevi? Che tutti la odiassero solo perché era antipatica?

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  10. -no la verità è un altra .. quello che tua madre non ha mai voluto dirti è che prima di essere la cameriera degli Esposito lo era dei donnarumma .
    Alle parole di Don Vincè ora il quadro stava assumendo una forma nuova e inaspettata . Preso quasi da un raptus liberatorio, di chi per una vita a dovuto tacere,il prete racconta a Carmela quello che ormai tutti sanno tranne lei .
    - Gaetano fratello della carogna aveva una relazione segreta con Filumena dalla quale ebbe Antonio la famiglia di lei non accettò mai quella relazione e benché Gaetano volesse prendersi tutte le sue responsabilità sposando filumena, la famiglia impose alla donna di rinunciarvi, così facendo sottrassero ad Antonio quel dovere /diritto che gli spettava e che desiderava .
    .-ma il caso a volte gioca brutti scherzi, il vizio del gioco del padre di lei, i debiti insoluti,mandarono all’asta tutti i beni di famiglia.
    - Gaetano intanto con la sua maestria e con la sua tenacia ,propria di chi si è fatto da se, negli anni che seguirono il fattaccio,aveva aperto ben tre forni accumulando una notevole fortuna tanto da essere definito da tutti” l’arricchito”. Don Vincè ormai stava ultimando quel puzle, per lei da tempo irrisolto…
    -la somma per aggiudicarsi l ‘asta era veramente considerevole anche per lui… ma era l ‘occasione che aspettava per riavere quello che desiderava di più al mondo e che i donnarumma gli avevano sottratto.. l amore di filumena e del figlio .
    -“a carogna “a questo punto percepita l’irrequietezza di suo fratello , come se avesse già in mente un piano, gli propose una cordata per aggiudicarsi l’ asta ..ma ad una condizione: che ne filumena ne suo figlio avrebbero mai vissuto nella nuova residenza degli Esposito ... quello che era successo le mordeva ancora dentro ..
    - Gaetano chiese solo per sua moglie e suo figlio quella casa fra gli ulivi e che venissero accettati dalla sua famiglia ...e così fu..

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  11. Don Vincenzo guardò l'orologio e forse usandolo come pretesto, colse l'occasione per fermare le parole. Altre parole.
    Si salutarono guardandosi negli occhi lungamente ed in silenzio, lui se ne andò.
    Le parole.
    Quanti ingiusti silenzi, quante parole non dette.
    Per la gente, per le cose che "si fanno" ma solo di nascosto...
    Perché la gente non sappia, non critichi, per rimanere davanti a tutti, "rispettabile".
    Sospirò con una sorta di sollievo misto a vergogna, come chi ha saputo dopo tanto e ...ha lasciato che tutto sia.
    Era una bambina, non poteva neanche chiedere, non le era dovuto sapere...In quel caso nessuno doveva sapere.
    Sapere quanto il potere passa sopra quasi tutto, e chi non ne ha, resta un silente testimone.
    Ma adesso sapeva.
    Si appoggiò al muro e cercò aiuto dalla parte "forte" di sé stessa... per cosa fare adesso.

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  12. Rimase immobile per un po’, assente a chi avesse potuto vederla in quel momento, ma la sua mente, percorreva spazi infiniti andando indietro nel tempo, tutto adesso sembrava assumere una forma diversa, domande del passato rimaste senza risposta adesso più chiare e nitide,
    Ma ancora tanti erano gli interrogativi a cui avrebbe voluto dare una risposta, che messaggio conterrà la lettera che don Vincenzo conserva aspettando chissà quale segno mistico … e la chiave incollata dietro una fotografia, come se fosse stata messa la con la consapevolezza che qualcuno la avrebbe trovata prima o poi, e che fine ha fatto Antonio? E Speranza? Ancora il suo sguardo tornò verso la vetrata sporca di polvere e salsedine, ancora una volta rivide quella casa, ora con occhi diversi, quali misteri nascondeva? nterrogativi,forse le risposte le avrebbe trovate la … forse …
    Chiuse la porta con la chiave che rimise sotto al vaso, lentamente usci dal vialetto del giardino ormai coperto di erbacce, si diresse verso il sentiero che porta in quella casa che ormai vedeva misteriosa, come se fosse il contenitore delle risposte ai misteri che le affollano la mente.

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  14. Tra erbacce e rovi polverosi, il sentiero di sassi che di tanto in tanto celava l’insidia di qualche gradino sconnesso le imponeva di procedere lentissima e con prudenza.
    Quando la casa fu a poche decine di metri, Carmela si fermò a guardarla: un cubo di pietra con il tetto a terrazzo e una lunga scala esterna che gli dava accesso. Poche finestre, chiuse e dalle ante grigie e consumate. Senza la lenzuola stese al sole e al vento, senza le finestre spalancate, la casa sembrava una specie di fortezza. O una specie di prigione…
    La panchina sulla quale Filumena sedeva la sera, sola o con Antonio, era sverniciata e sghemba, ma al solito posto. La fresca pergola d’uva bianca, era ridotta a qualche spoglio palo di legno ingrigito.
    Il lume sulla porta non aveva più né vetri né lampadina e sembrava tutto desolatamente abbandonato, quando… qualcosa di stonato attirò improvvisamente la sua attenzione.
    Il portoncino era chiuso da una catena spessa e forte, nuova e lucente, e da un vecchio lucchetto.
    - Qualcuno è stato qui al massimo un mese fa e ha cambiato la catena... - pensò.
    - Forse l’aveva tagliata, non avendo la chiave del…
    I suoi pensieri si interruppero e la mano di Carmela si infilò nella tasca dei pantaloni. Trovò la chiave che aveva staccato dalla cornice e la infilò nel vecchio lucchetto. Entrò perfettamente.
    Provò ad aprire, ma una voce la fece sobbalzare:
    - Attè, Carmè, ti faranno sposare n’omm vecchierell e che tien’ a panz…
    Voltandosi di scatto, raggelata, la donna non vide nessuno. Sentì invece la sua voce, la sua voce di adolescente che rispondeva:
    - Sì gelos, piccirill? Mi vuoi sposare tu, eh?
    - Io??? Tu si scem, Carmè, comm tutt’e femmene!
    Carmela, con in cuore che le scoppiava in petto, riconobbe netta, infantile e vicina, la voce di Antonio bambino che la canzonava.
    Sentì le loro risate, si rivide mentre lo rincorreva e lui scappava, svelto e magro, abbronzato, i capelli lucenti come quelli di Filumena…
    Carmela estrasse lentamente la chiave dal lucchetto e se la rimise in tasca. Poi, rivolgendosi a qualcuno che non la poteva sentire, disse tra sè:
    - Non ti ruberò nulla, io. Nemmeno di un momento ti deruberò perchè questa è la tua casa, Antonio Donnarumma, e sei tu che devi tornare qui. Tu, non io. Capirò poi... forse... perché sono qui, ma non senza di te. Perché se da qualche parte esisti ancora io ti troverò, Antonio. Adesso ne sono sicura.


    --------------------------------FINE SECONDO CAPITOLO-------------------------------------

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